Cosa significa comunicare? Per Agnese Bertello, formatasi come facilitatrice con Marianella Sclavi, oggi socia di Ascolto Attivo, che si occupa di progettazione partecipata, la risposta è chiara, eppure non semplice. Comunicare consiste innanzitutto nella capacità di far emergere in superficie i discorsi sommersi, comprendendo che la comunicazione è un atto di rappresentazione del sé, ma evitando che ciò che diciamo diventi una questione identitaria. Nei processi di progettazione partecipata la complessità è un valore da accogliere e promuovere nella consapevolezza che nessuno potrebbe da solo indirizzare il processo nella direzione voluta e che il risultato verrà necessariamente determinato dall’insieme degli attori in gioco.
Il sociologo tedesco Ulrich Beck sosteneva che mentre noi viviamo nella modernità, la maggior parte delle istituzioni che regolano la nostra esistenza sono rimaste nel XIX secolo, sono sistemi semplici che non riescono a tenere conto della complessità attuale. A questi vanno sostituiti nuovi organismi, sistemi complessi in cui i significati non sono più stabili, ma differenti da soggetto a soggetto, nonché a seconda dei momenti. In questa prospettiva fluida il cambiamento, le risignificazioni, le reazioni inattese costituiscono una ricchezza a patto che sappiamo analizzarle e tradurle in forme di conoscenza.
Nell’ambito dei sistemi complessi, il conflitto costituisce un elemento fisiologico. È importante perciò apprendere a “stare nel conflitto”, senza rifuggirlo, piuttosto trasformandolo in un’opportunità di miglioramento. Affinché questo avvenga è però indispensabile avere alcuni punti fermi: sapere chi decide, quale è il processo che porta alla decisione, cosa significa collaborare in termini pragmatici e a chi appartiene la competenza di ciascuna azione. Solo così il conflitto può diventare momento d’innesco di un processo di progettazione partecipata che stimola l’evolvere del pensiero e promuove l’apprendimento reciproco.
È necessario un vero e proprio cambio di paradigma che, come illustra Agnese Bertello, può essere rappresentato visivamente come un triangolo equilatero ai cui rispettivi angoli sono l’ascolto attivo, la gestione creativa dei conflitti e l’auto-consapevolezza emozionale.
Ascoltare attivamente significa instaurare un dialogo piuttosto che aprire un dibattito, ascoltare sospendendo il giudizio, senza concentrarsi su come ribatteremo, quanto sulla disponibilità a rivedere i propri assunti. È il prerequisito per una gestione creativa dei conflitti che consiste nella capacità di moltiplicare le opzioni senza fretta di arrivare alle conclusioni. A partire dalle divergenze si apre uno spazio di problematizzazione secondo un approccio che sostituisce problem setting a problem solving.
Conoscere ed esplicitare la propria posizione, i propri interessi e bisogni significa sviluppare un’autoconsapevolezza emozionale. È ciò che permette a ciascuno di stare nel conflitto e di creare rapporti di stima reciproca in situazioni di tensione.
Ascolto attivo, gestione creativa dei conflitti, auto-consapevolezza emozionale. Ciascuno di questi elementi gioca un ruolo fondamentale al raggiungimento dello scopo.
A partire dalle divergenze si apre uno spazio di confronto che conduce alla co-progettazione e, infine, alla necessaria convergenza. Nell’ecosistema contemporaneo spazi ridotti, l’accorciamento delle distanze, comprimono il tempo, risorsa sempre più scarsa. L’abilità starà nel coniugare i tempi lunghi che i processi partecipati richiedono con le occorrenze per agire in modo efficacie, consapevole e collettivo.
Jonathan Pierini